Ogni Amarcord appena terminato è sempre il più bello. Ogni festa archiviata è quella riuscita meglio. Ogni ospite è ancora meglio del suo predecessore. In realtà tutto questo non è vero, ma le emozioni che l’Amarcord dà a chi vi partecipa non sono di certo ancora elaborate il giorno dopo e l’entusiasmo è vivo più che mai, per questo si tende facilmente ad esser di parte e classificare la serata appena terminata come la più riuscita.
In realtà invece ogni Amarcord è unico! Questa è la verità!
Ogni personaggio che viene tributato ha le sue caratteristiche, la sua personalità, la sua simpatia, i suoi aneddoti. E solo l’Amarcord è capace di rispolverare vecchi ricordi, passando da momenti di esilaranti storielle quasi tabu ad altri ricchi di emozioni, dove non si riesce a trattenere qualche lacrima di commozione.
Quello di quest’anno è stato proprio così. L’ho vissuto con la consapevolezza che il tributo non andava ad un giocatore, ma ad un vero e proprio fenomeno. Per due giorni non ho pensato ad altro che alla frase “questo non era un semplice giocatore, questo era un fenomeno”. Uno di quelli puri. Un genio e sregolatezza. Un campione sul ghiaccio, dove riusciva a far di tutto con una semplicità sconvolgente. Un personaggio fuori, come solo un grande fuoriclasse può essere. Un bambino, vero e proprio, che si divertiva a fare quello che più gli piaceva fare.
“Un fenomeno” mi dicevo tra me e me. Quel giocatore per cui chi gioca non importa, basta che ci sia lui. Quello che attira tutta l’attenzione su di sé, perché tu sai che ogni volta che prende il disco può fare una magia. Sì “tic, tuc , tac “ come dice lui… “e gol!”. Il trucco c’è, ma non si vede.
Erik aveva quel potere di farti esultare come prima mai. Erik aveva una classe che ti lasciava senza parole, stupito, a chiederti “ma come ha fatto a farlo?” Erik rendeva il tutto magico, riuscendo ad affascinarti così tanto, come solo i grandi prestigiatori sanno fare.
Erik era quello che quando provava a fare un gol, mancandolo, riprovava pochi minuti più tardi. Con la differenza che la seconda volta non era un’illusione e la curva esplodeva in un boato di gioia.
Erik era unico. Erik ha fatto 4 gol in un derby. Una magia, che nemmeno il più grande mago avrebbe potuto fare, ma un fenomeno come lui sì.
E io, ad anni di distanza, sono felice e anche commossa di aver potuto rivivere quei momenti, perché “per una magia così, vale la pena vivere” (cit. Luciano Ligabue).
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